Società
Tutto sui vini dealcolizzati
19/03/2025
Durante la Quaresima ci sono persone che si astengono dal consumo di bevande alcoliche, ma non solo, anche al di fuori di questo periodo ci sono sempre più persone che consumano sempre meno alcol.
Lo dimostrano sia i dati dell’Ufficio federale di statistica della Germania (dove la spesa delle famiglie per il consumo di bevande analcoliche è in aumento) sia le attuali tendenze nutrizionali. Il Trendreport Ernährung 2025, il rapporto sulle tendenze alimentari curato da “Nutrition Impact Hub”, indica infatti il consumo di bevande analcoliche e a ridotto contenuto di alcol come la settima tendenza alimentare più significativa dell’anno.
La birra analcolica si è ormai affermata tra gli amanti di questa bevanda, raggiungendo una quota di vendita del sette per cento sul mercato tedesco della birra. Per il vino, invece, di strada da fare ce n’è ancora. Sebbene sul mercato siano già disponibili vini analcolici rosati, bianchi, rossi e spumanti, il loro sapore non è ancora all’altezza delle rispettive controparti alcoliche. Secondo la rivista enogastronomica “Falstaff”, solo pochissimi prodotti dealcolati riuscirebbero infatti a “presentare un aroma e un gusto che si avvicinano al vino originale”. Nel caso dei vini rossi dealcolati, l’esperienza sensoriale offerta sarebbe poi ancora più ridotta rispetto a quella offerta dai vini bianchi dealcolati. Questo è dovuto al fatto che l’alcol agisce come vettore di aromi: rimuovendolo a posteriori, si influisce inevitabilmente sul sapore del vino. Inoltre, il processo di dealcolazione provoca una ulteriore perdita di aromi.
Anche il vino dealcolato viene sottoposto a un processo di fermentazione che però, viene interrotto prima; cioè non appena si è sviluppato l’aroma del vino, e lo zucchero non è ancora stato convertito completamente in alcol. In questo modo, è lo zucchero residuo a funge da vettore per gli aromi e la quantità di alcol da rimuovere è minore. Attualmente il metodo più comune per la dealcolazione del vino è la distillazione sottovuoto: affinché l’alcol si volatilizzi, il vino viene portato a una temperatura di 30-35°C in un serbatoio sottopressione. Grazie alle temperature non troppo elevate, gli aromi si conservano meglio. “Per definizione, i vini analcolici non possono avere un titolo alcolometrico superiore allo 0,5 % vol”, spiega Silke Raffeiner, nutrizionista presso il Centro Tutela Consumatori Utenti. “La maggior parte dei vini dealcolizzati presentano un grado alcolico che si aggira intorno allo 0,25 in volume – meno di quanto possa contenere un succo di frutta”.
Secondo il Forschungskreis der Ernährungsindustrie (FEI; Associazione tedesca di ricerca dell’industria alimentare), se si riuscisse a compensare la disparità a livello aromatico, la domada di vini dealcolati verrebbe più che duplicata. Un passo in questa direzione è costituito dall’utilizzo di varietà di vite dal sapore più intenso: la presenza di una quantità maggiore di aromi nella materia prima dovrebbe andare a compensare, almeno in in parte, l’assenza di alcol. Un secondo metodo, attualmente in fase di sperimentazione presso l'università tedesca “Hochschule Geisenheim”, consiste nell’aggiunta di aromi per migliorare il gusto dei vini dealcolati. Tali aromi potrebbero essere estratti dalla vinaccia (un sottoprodotto della produzione del vino) mediante fermentazione con vari lieviti. Attualmente a essere sul banco di prova sono soprattutto le varietà di uva Riesling e Muscaris. Attraverso questi procedimenti nuovi si spera di riuscire presto nel intento di produrre vini analcolici dal sapore convincente.